19.4.12

STORIA DI MARTINO E DEL SUO CALAMARO.

Venerdì 13 aprile, alla Feltrinelli della Stazione Centrale, a Milano, è stato presentato il progetto Tessitori di Sogni (maggiori info QUI), un'importante rete di ricerca editoriale che si occupa di creare, scovare, tessere storie per ragazzi. 
Il sottoscritto ha avuto l'onore di essere uno dei primi Tessitori scovati dall'agenzia Atlantyca Dreamfarm grazie al Workshow di Lucca di tre anni fa, e ha avuto l'onore (bis) di essere presente in un libretto contenente 10 brevissimi racconti (di Mario Pasqualotto, Elena Peduzzi, Davide Morosinotto, Alessandro Gatti, Annamaria Piccione, Carolina Capria & Mariella Martucci, Luca Blengino, Giuseppe Festa e Pierdomenico Baccalario) e regalato ai convenuti, per festeggiare assieme la Giornata Mondiale del Libro (che si terrà il 23 aprile).

Il librino, lo vedete qua sopra, si chiama Dieci Piccole Trame.

Questo qua sotto,invece, è il mio raccontino. Si chiama

STORIA DI MARTINO E DEL SUO CALAMARO.


Martino viveva nella città del mare pulito e voleva un calamaro.

Da quando suo nonno gli aveva regalato Ventimila leghe sotto i mari, avere un calamaro era diventato il suo sogno più grande. Era fermamente convinto che avrebbe potuto difenderlo dai cattivi e dalle maestre di aritmetica, a furia di tentacolate e spruzzi di inchiostro.
— Ma un calamaro non è un gatto o un cane, non si può addomesticare — disse nonno Giustino.
— E perché no? — ribatté Martino.
Il nonno non seppe formulare una risposta convincente, e andò in cucina a farsi una frittata di cipolle.

Il giorno del quattordicesimo compleanno di Martino, il nonno arrivò a casa con una cassetta di polistirolo, il materiale candido intriso di inchiostro nero. Dentro c'era Vonnegut.
— E chi è Vonnegut? — chiese Martino.
— Come chi è? È il tuo nuovo amico. — rispose il nonno.
Martino guardò nella scatola. In un angolo, pulsante come un cuore bianco, lucido e viscido e sporco, un calamaretto lo guardava con quegli occhi, così duri da masticare, spalancati e circospetti. Martino prese quella massa gelatinosa e la accarezzò dolcemente. Vonnegut gli attorcigliò un tentacolo al dito, e Martino sorrise.
— Piacere di conoscerti, Vonnegut — disse, mentre il nonno allestiva un piccolo acquario destinato a diventare la casetta del mollusco.
Vonnegut crebbe forte e coraggioso, reduce dalla guerra del fritto misto, nemico giurato di pastella e piselli in umido. Ogni giorno Martino lo portava in spiaggia per la passeggiatina.
— Guarda quello là, al guinzaglio c'ha una seppia! — dicevano gli altri ragazzi, malvagi adolescenti.
— È un calamaro, ignoranti — rispondeva Martino, prima di venir pestato dai suddetti teppistazzi in miniatura.
Un giorno sì e l'altro pure, vestito di lividi ed ecchimosi, il giovane Martino somigliava sempre più al suo amico Vonnegut, raro caso del padrone che prende le fattezze dell'animale. Vonnegut, dal canto suo, cercava di difenderlo, inchiostrando a destra e a manca, ma al massimo riusciva a rovinare un po' di jeans e qualche sneaker. Ben presto fu chiaro a tutti che non sarebbe cresciuto tanto da ghermire il Nautilus.

Martino continuò a essere preso in giro. A scuola, all'oratorio, a judo e in piscina, tutti sapevano che il suo migliore amico era un calamaro. E risatine, e derisioni, e sfottò a profusione.
Ma a lui non importava. Sorrideva, e passava oltre a schiena dritta. Aveva realizzato il suo sogno, e tanto gli bastava. Voleva bene a Vonnegut, e Vonnegut voleva bene a lui anche se, poveretto, si sentiva terribilmente in colpa. Passava intere notti insonni, nell'acquario, ad angosciarsi per l'amico, a studiare nuovi metodi per poterlo difendere, pianificare innovative strategie anti-bullo.
Ma senza risultato. Sapeva bene che la sua stessa presenza era benzina per le beffe dei prepotenti.

Un giorno, durante la passeggiatina, Vonnegut prese la sua decisione. L'unica che poteva salvare Martino da una vita di dileggio.
Salutò il suo migliore amico, si sfilò dal guinzaglio e si fiondò, veloce e sussultante, verso il mare pulito. Martino lo rincorse, per riprenderlo si tuffò tra i flutti, vestito di tutto punto, ma Vonnegut sparì all'orizzonte con due colpi di tentacolo, gli occhi duri da masticare pieni di lacrime.
Martino non lo vide più e per mesi pianse e si disperò per la perdita del suo migliore amico.
Poi, un giorno, il nonno gli regalò Jurassic Park.

4 commenti:

Davide "boldraker" Boldrini ha detto...

figata! :)
bella andre!

ora capisco un commento che lessi: "chi cazzo è jurassic Park?"

Simone Figus ha detto...

Eh, eh! Molto molto carino!

Bravo Andre!

Un salutone!

violetta ha detto...

bello bello :D :D

Carburo ha detto...

Grazie Dave! ehehehehe!


Simo, tu già conoscevi un po' l'idea, mi girava in testa da un bel po'...

Cara Melinda, il complimento dal vivo mi ha fatto arrossire di più!