29.9.10

Il mio nome in inglese non significa un cazzo (1 di 3)


Un racconto in 3 parti. Ecco la prima.

C'è qualcosa che io, Berlusconi e Flavio Briatore abbiamo in comune.
Tutti e tre facciamo le vacanze in Sardegna. Tralasciamo il fatto che io ci passi anche il resto dell'anno.

Tralasciamo.

Anni fa passavo le vacanze nel sud, coi miei. Mare azzurrissimo, sabbia bianca, folla solo nel fine settimana e a ferragosto. Con me un gruppo di “amici del mare” poco numeroso ma molto unito, rigidamente composto solo da maschi.
Le giornate erano scandite da una programmazione ferrea: spiaggia - megammeddu – spiaggia. La notte la passavamo nei locali di un residence poco lontano da casa, proprietà di un amico.

Nell'estate '99, al nostro scarno gruppetto monosessuale si unisce una coppia di ragazze tedesche. Chiamerò le due fräulein Helga e Inga. Helga ha il padre sardo ma non sa una parola d'italico idioma e per sopravvivere a quei quindici giorni coi suoi genitori si è portata un'amica. Inga, appunto. Entrambe bionde, occhi chiari, carnagione lattea, accento nazistoide. Helga ha l'aria perennemente infastidita di chi, piuttosto che in vacanza coi suoi, preferirebbe essere ancora a Berlino Est. Inga invece amoreggia felice con Mario, uno del nostro gruppo, anche lui figlio di sardi emigrati in tedeschia. Malgrado le difficoltà con la lingua (escluse quelle di Inga e Mario, naturalmente), riusciamo a capirci perfettamente e ricamiamo lunghi discorsi ripieni di nulla.
Da subito noto che a Inga sto particolarmente simpatico. Gli sguardi che mi dedica sono più profondi und maliziosi di quelli che riserva agli altri.

Sempre escluso Mario, eh.

In spiaggia siamo l'invidia porca degli altri scarni gruppetti monosessuali. Le due teutoniche si spalmano crema protezione ottomila prima di stendersi al sole ma si bruciano uguale, mentre noi, già neri come Mboma, continuiamo il nostro infinito mondiale di beach soccer.
Inga approfitta di ogni momento di assenza di Mario per chiedermi di spalmarle l'olio solare, farsi una nuotata con me, finirmi casualmente addosso mentre giochiamo a schiacciasette in acqua.
Approfitta di ogni presenza di Mario per sparire con lui sugli scogli e tornare, dopo mezza mattinata, con un gran sorrisone soddisfatto.
Helga non sembra apprezzare la leggerezza frivola dell'amica.

Lei preferirebbe stare ad Alexanderplatz a immaginare la vita oltre la cortina di ferro.

Si chiacchiera del più e del meno, come succede tutte le estati. Io dico che, prima di tornare a casa, voglio assolutamente vedere il sole sorgere sul mare. Svegliarsi alle 5 d'estate è pura utopia, ma sono determinato.
Helga si desta dal torpore, l'idea la stuzzica. Inga si spalma il Nivea.

(continua)

13.9.10

Moleskine



Sono passati mesi dall'ultima volta che ho scritto qua sopra.
MEMO: rimettere mano al blog.

Per oggi vi regalo una storia contenuta nell'ultimo numero di Resto Mancia, giornale delle "giovani leve" dell'Associazione culturale Chine Vaganti.
In quanto (co)fondatore del giornale, nell'ormai lontano 2002/2003, io e il sempre presemte Jean Claudio Vinci ci siamo riservati l'onore di comparire anche in questo albo.

Grazie alle giovani chine per avere ospitato dei vecchi chinoni.

suvvia, incauto utente web, clicca sull'immagine per vederla in tutto il suo splendore