19.11.09

Cassintegrati come Raikkonen

Una mattina di poco tempo fa, Kimi Raikkonen si è svegliato.

Bella mattinata, ha pensato stiracchiandosi.



Bacio alla bellissima fidanzata addormentata, morso a brioche, cagatina d'ordinanza e giù in garage a scegliere l'auto per andare al lavoro.



Oggi l'utilitaria, si dice Kimi.






Dieci minuti dopo è sull'autostrada a bordo della Lamborghini Gallardo e accende la radio sul Ruggito del coniglio. La trasmissione termina proprio mentre entra a Maranello. Il custode lo saluta, lui idem.



Parcheggia ed entra nel box. Due meccanici stanno facendo una pausa caffè alla macchinetta, lui li saluta e ride alle loro facezie. Poi nota un foglio, incastrato dietro il tergicristalli della sua F2009.



Una lettera.



"Caro Kimi,per fondate motivazioni aziendali di cui a te deve fottere sega, dall'anno prossimo non correrai più con noi.



tuo Domenicali



ps: buona cassa integrazione!"



Terrore.



Sgomento.



Gli occhi cerulei del glaucopide pilota pieni di lacrime.



Si vede già ad Annozero, arrampicato sul tetto dei box, a piangere miseria davanti al legale di turno di Berlusconi e a un giornalista fintocontrito.



Chiama il suo legale, per sapere se può fare qualcosa.



"We Kimi, tranquillo -dice il consulente- è tutto olraìt (è di Carate Brianza, ma vuole darsi arie da internescional): la tua cassaintegrazione è di 17 milioni di euro se non trovi nessuna scuderia, di 10 se la trovi. Salutami la tua bellissima gherlfrénd, cià!"








Torna il sole sul faccino piovoso di Kimi.



Va a casa felice, mette su I wanna Rock'n'roll all night dei Kiss, spistora la Gallardo mentre entra in garage in retromarcia, sale su, si scopa la bellissima fidanzata unaduetrevolte.



Si accende un havana, accende la tele. Accende in maniera diversa, naturalmente.






Annozero.



Un operaio della Equipolymers di Ottana, abbarbicato sul tetto dell'azienda, urla che con la sua CIG non arriva alla fine del mese, che anche la moglie ha perso il lavoro, che non sa come dare da mangiare a sua figlia di due an...



zooot



Che bellissima invenzione il telecomando, pensa Kimi mentre tira un'altra boccata di havana.

7.11.09

E siamo tornati da Lucca...

La mia terza volta a Lucca è stata come le altre.

Un'immersione totale in un mondo che mi affascina da quando pisciavo nel vasino, un mondo che ho esplorato da prima di riuscire a scrivere, un mondo che amo in maniera viscerale.
Un mondo in cui tutti sembrano conoscere tutti, vuoi perchè ci si trova ad agire in un ambiente di nicchia, vuoi perchè gira e rigira gli editori quei pochi sono. E i lettori, anche.
E allora, vedi nei bar e negli stand autori che leggi da decenni e noti che è tutto un paccare sulle spalle, un baciare su guance, un salutare con sorrisoni.
Io invece entro a Lucca da outsider, da nessuno che conosce nessuno, da autoproduttore piccolissimo e isolato (termine banale, ma chiccazzo ha voglia di cercare un sinonimo a quest'ora?) dalla mia sardegnità profonda. Vado a Lucca da Pau. Da un Pau qualunque, ma diverso da quello dell'anno scorso, da quello di due anni fa, da quello dell'altro ieri.

Parte dell'armata sarda in Piazza Anfiteatro (bandiera pre Cappellacci offerta dal grande Bruno Olivieri)

Ho passato delle belle giornate.
Ho conosciuto alcune persone che possono con onore fregiarsi del ruolo di, appunto, persone. Anime che mi ha fatto piacere incrociare o reincrociare. Che sono sì uno che fa fumetti, ma ho anche altri interessi e conoscere persone nuove è uno di questi. Non ho la stoffa dell'eremita che macina pagine su pagine tipo Go Nagai e incontra solo quelli che gli fanno gli sfondi alle vignette.
Sono un'anima cazzeggiatrice, purtroppo. E adoro quando ci si incontra davanti ad un bicchiere.
Quello che è successo con molti dei partecipanti al Lucca Workshow, grazie anche al mirto che mi sono portato dietro.
So cosa state pensando... bandiera quattro mori, mirto al seguito... sono l'incarnazione di un luogo comune sui sardi. Beh, vaffanculo.

Continuiamo, caro diario byteroso.
A Lucca ho incrociato anche anime di merda, eh. Che mica a Lucca è tutto roselle e fiorelli. E c'è chi ti spinge a porti degli interrogativi su socialità, antisocialità, tendenza al confronto...

Ho avuto qualche soddisfazioncina, ho ricamato qualche speranza, ma soprattutto ho alimentato la mia convinzione più profonda.
Io ho bisogno dei fumetti. Ne ho avuto bisogno per 28 fottuti anni, ne avrò probabilmente bisogno fino ai 100 (e qua, subitanea y necessaria grattata di coglioni). Che i miei lavori vengano letti da 10 sfigati o da milioni di fighetti, la questione resta quella.
Io faccio fumetti perché ne ho bisogno.

Ciao Lucca, al 2010.

EDIT: Preso dalla foga, mi dimenticai di dirvi che il terzo capitolo della mia fatica più faticosa, RADIOPUNX, è ora scaricabile.
Ecco la cover, cliccateci sopra e attendete che il download sia completo.
Poi leggete e ditemi cosa ne pensate, senza utilizzare volgari sinonimi di "deiezione".